Un doloretto che si presenta ogni tanto alla spalla, qualche fitta in alcuni movimenti, a volte nemmeno nello stesso punto, e neppure con la stessa intensità: spesso sono questi i primi sintomi della peri-artrite scapolo-omerale. L’espressione “periartrite scapolo-omerale” indica infatti, un processo infiammatorio (-ite) dei tessuti (borse sierose, tendini e tessuti connettivi) che circondano (peri-) l’articolazione della spalla.
Vediamo di comprendere meglio com’è fatta e come funziona quest’articolazione della quale ci ricordiamo solamente quando diventa dolente o quando ci impedisce di svolgere alcuni dei numerosissimi movimenti per il nostro lavoro o la nostra vita quotidiana.
E’ la più mobile del nostro corpo, permette movimenti in tutte le direzioni e piani dello spazio ed è costituita da tre ossa: scapola, clavicola e omero. I primi due funzionano come i bracci delle sospensioni dell’automobili di formula uno (permettendo piccoli spostamenti rispetto al torace) e l’omero, l’osso del braccio, si muove attraverso la sua testa di forma quasi sferica nella cavità glenoidea. Questa particolare conformazione permette ampie possibilità di movimento a scapito della sua stabilità e integrità. Questa articolazione, non strettamente vincolata da rapporti ossei, risulta essere in rapporto con diverse parti del corpo (collo, dorso, zona lombare, braccio, avambraccio, mano) attraverso numerosi muscoli.
Nell’evoluzione della specie umana, passando dalla quadrupedia alla bipedia, la spalla è diventata più specializzata per “prendere” cose ed avvicinarle a sé, come la raccolta di oggetti e soprattutto cibo; si è specializzata nel prendere e sorreggere carichi anziché avere su di sé il carico del corpo stesso come nei quadrupedi.
Per questo, il rapporto anatomico dell’articolazione fra scapola e omero (testa omerale e glenoide), è minore rispetto a quella dell’anca che è fatta sullo stesso principio (ma deve sorreggere tutto il peso del corpo). La stabilità della spalla risulta invece essere a carico della capsula articolare, dei legamenti che connettono la testa omerale alla scapola e dei tendini dei muscoli che la scavalcano e ne permettono il movimento.
Tutta la muscolatura che si inserisce su scapola, clavicola e omero, gioca un ruolo fondamentale non solo nel conferire stabilità e/o movimento, ma anche nell’insorgenza di patologie di carattere infiammatorio e compressivo. Alla spalla arrivano muscoli dal collo, dal braccio, dal tronco e dalla zona lombare come in una rotatoria con numerose vie d’accesso. Tutti concorrono a determinare, mediante l’attivazione in precisi momenti, il “ritmo” dei movimenti, ma se uno di essi risulta deficitario per eccessive tensioni (mal posizionamento per colpa di una postura alterata, un fattore neurologico, etc.), il ritmo viene alterato e, per riprendere il paragone con la rotatoria, si può andare incontro a congestione del traffico e incidenti (ovvero blocchi e dolori).
L’articolazione della spalla quindi è libera di muoversi su tutti i piani dello spazio: per mantenersi libera in realtà si lega con tutti e può farsi carico, per via delle sue connessioni muscolari, dei problemi di tutti.
Infatti bisogna considerare che i muscoli del nostro corpo sono organizzati in catene, cioè collegati tra loro, dunque si comportano come fossero uno solo. Se un muscolo, che possiamo paragonare all’anello di una catena, subisce un trauma o un sovraccarico funzionale, tende inevitabilmente ad irrigidirsi, a difendersi, per un meccanismo fisiologico innato di difesa portando come risultato ad una tensione eccessiva e all’alterazione del tono di tutta la catena muscolare.
Altro fattore che bisogna considerare è la cosiddetta “legge dei compensi antalgici”: di fronte alla presenza del dolore dovuto ad un trauma, a particolare stress, a problemi di funzione visiva, deglutitoria, occlusale, respiratoria, viscerale, etc, il corpo cerca in primis di limitare o evitare il movimento doloroso a scapito dell’assetto posturale, spostando il movimento perduto nelle zone articolari del corpo ancora disponibili a “sostituire” la zona dolorante. A loro volta però, queste aree, sovraccaricate dal superlavoro richiesto, manifesteranno nel tempo fastidi, disagi, infiammazioni, dolori. Ecco perché, anche una spalla che non abbia subito traumi, può cominciare a soffrire senza apparente motivo.
Per rendere maggiormente reale quanto affermato possiamo fare un esempio: immaginiamo un operaio che usi come attrezzo un cacciavite per parecchie ore al giorno. In breve tempo la muscolatura del suo avambraccio risulterà sovraccaricata di lavoro e potrà portare problemi al polso.