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Anno XXVI n°7 – 20 Settembre 2007 – DIAFRAMMA ED ERNIA JATALE: LA PAROLA AL PAZIENTE

diagnosi e terapia

La parola al paziente: “ho sempre dolori e bruciore allo stomaco!”

Tutti sappiamo dell’importanza del diaframma, ma quasi nessuno dedica a questa parte del nostro corpo l’attenzione ed il tempo che meriterebbe.
Questo straordinario e potente mantello muscoloso che è il diaframma, si muove incessantemente in su ed in giù, proprio come fa una medusa quando si muove in acqua. Questi movimenti (involontari per gran parte della vita), ci permettono di far entrare aria “ossigenata” e far uscire quella viziata, già utilizzata dai nostri polmoni e dal sangue.
Sono ben 20.000 movimenti di media al giorno che servono per scambiare ossigeno ed anidride carbonica in ogni cellula del nostro corpo; oltre a questo compito primario, ne esiste un secondo. Ad ogni contrazione lui scende appoggiandosi e “massaggiando” i visceri sottostanti (stomaco, fegato, intestino, cisterna linfatica, etc.), che ne traggono grande beneficio. Persino la funzione peristaltica dell’intestino trae vantaggio da questo “pompage”, garantendo così regolarità intestinali. Anche la cisterna del sistema linfatico viene compressa e poi decompressa, inducendo così svuotamento e riempimento di questa vescichetta e dunque la circolazione di questo importantissimo sistema.

Quando questo mantello diaframmatico si rilassa, risale in modo passivo, sospinto dai visceri e dagli addominali e quindi l’aria viziata esce di conseguenza. Si può facilmente intuire che un piccolo difetto di funzione del diaframma, protratto per miliardi di movimenti, negli anni, possa creare patologie nel sistema muscolare, articolare, respiratorio, digestivo, circolatorio, cardiaco, linfatico, urinario, etc. Ecco che , la corretta funzionalità del diaframma determina la qualità della nostra vita.
Dalla foto si può vedere molto bene la cupola diaframmatica, sotto la quale troviamo la componente viscerale, genito-urinaria e sopra la componente cardiaca e polmonare.
Dunque il diaframma è situato tra torace e addome e la sua parte periferica si attacca alla base del torace, all’interno delle costole e, posteriormente, sulla colonna; ecco perché questa è influenzata da una ipotetica cattiva funzione del diaframma.

Inoltre questo grande mantello viene attraversato, “perforato” dall’esofago che diventa stomaco subito sotto la cupola; anche i grossi vasi arteriosi e venosi vi passano attraverso.
Questo muscolo, benché svolga funzioni meccaniche legate alla mera sopravvivenza, risulta essere molto sensibile ad ogni tipo di emozione, problema, dolore, apprensione, etc.
Se si è in ansia, preoccupati, arrabbiati, lui tende a rimanere in tensione; se questo stato di tensione permane troppo a lungo nel tempo, allora il diaframma, anziché rimanere semplicemente in tensione, tenderà a fissarsi in tale stato in modo permanente. Diverrà retratto, ovvero bloccato in posizione corta al solo scopo di evitare di fare troppa fatica a rimanere in tensione.
Tale condizione di blocco diventa irreversibile; esiste solo una possibilità per farlo sbloccare, attraverso manovre e tecniche particolari che vedremo di seguito.

Quando il diaframma diventa retratto, inevitabilmente perde anche parte della sua capacità di svolgere il suo compito di mantice: è ipo-funzionante. Questa limitata funzionalità creerà problematiche non solo alla ventilazione polmonare, ma anche agli organi ed apparati a cui è collegato.
Vediamo insieme, quali parti potranno essere coinvolte ed in quale modo.
Quando il diaframma si irrigidisce e si trova troppo in basso, (ma la persona non è consapevole per mancanza di educazione a tali funzioni, giustificando ogni disagio che vive), l’apparato digestivo ne viene immediatamente coinvolto. Lo stomaco viene “compresso” anziché “massaggiato”; da qui il famoso detto “ho un mattone sullo stomaco”. Il fegato viene compresso e lo stesso fenomeno lo subiscono l’intestino, la vescica, gli organi genitali interni. Ci sono casi in cui l’incontinenza urinaria è causata da compressioni esercitate dal diaframma.
Questa compressione sui visceri, in alcuni casi può rendere difficoltosa la risalita del sangue venoso e della linfa dagli arti inferiori, causando stasi linfatiche e venose, soprattutto con il caldo.

Inoltre, l’abbassamento cronico del diaframma, può causare tensioni cardiache non indifferenti. Bisogna sapere che il mantello del cuore, il pericardio, è intimamente connesso con il diaframma, fondendosi addirittura con lo stesso. Quando il diaframma è teso, il cuore risente di una tensione fastidiosa, fino ad essere dolore che si può propagare da sotto il costato fino al collo. Quando il diaframma viene adeguatamente trattato e fatto risalire nella sua sede, tali disturbi si riducono e scompaiono.
Non si devono dimenticare le patologie della colonna che sono causate dalle tensioni che il diaframma esercita sulla zona lombare e sul tratto cervicale attraverso i muscoli respiratori accessori.
Ora vediamo nel dettaglio come si forma l’ernia jatale, e come questa possa diventare causa del reflusso gastro-esofageo.
Quando il diaframma scende verso il basso in maniera non adeguata, prima ancora di comprimere lo stomaco, traziona in basso l’esofago, ovvero la parte del sistema digerente che sta subito sopra allo stomaco. Se il diaframma, per ulteriori tensioni stressogene aumenta la sua tensione e scende ancora più in basso, la trazione che esercita sull’esofago e sullo stomaco diventa eccessiva e a questo punto, una parte di stomaco che viene troppo “tirata”, scivola al di sopra dello jatus, ovvero il foro del diaframma in cui passa l’esofago: una parte di stomaco diventa così ernia jatale.
La valvola chiamata cardias, situata all’ingresso dello stomaco, ha il compito di impedire al cibo di risalire, soprattutto se uno si sdraia dopo mangiato.
Tale valvola perde in parte la sua funzione, dato che una parte di stomaco si è spostata al di sopra del diaframma e non ha più il potere di trattenere il cibo. Ecco quindi che, oltre al disagio, alla tensione che si avverte, si innesca il disagio del reflusso gastro-esofageo.
Oggi è possibile, utilizzando una particolare tecnica posturale, ridare elasticità e libertà al diaframma tale da ridurre o eliminare tale disturbo; è il caso che ora vedremo insieme.
Il Sig. Paolo si rivolge al nostro studio per un problema di postura e rigidità muscolare.
Durante l’anamnesi dichiara: ”Oltre ai disturbi muscolari, collo e spalle, ho sempre problemi digestivi, dolori allo stomaco, reflusso. Sono già stato operato una volta per l’ernia jatale e vorrei evitare di tornare sotto ai ferri”.
Subito dopo l’intervento, i sintomi erano spariti, ma dopo quasi tre anni ricominciò a soffrire della stessa sintomatologia che aveva prima dell’intervento: bruciore di stomaco, reflusso gastro-esofageo, senso di gonfiore postprandiale, qualche dolore all’area cardiaca.
Il suo medico gli disse che, data l’alta percentuale di recidive nei soggetti operati di ernia jatale, un altro intervento non avrebbe potuto offrire garanzie di un risultato più duraturo rispetto al precedente.
Mi raccontò anche che per la sua attività professionale era soggetto a frequenti trasferte e ad elevati livelli di stress.
Dall’analisi posturale si evidenziavano i tratti di un corpo teso e rigido e dall’ascolto della mobilità del diaframma risultò un elevato grado di rigidità.
Con la metodica che utilizziamo nel nostro studio, ogni lavoro svolto viene rigorosamente fatto in postura decompensata per far si che le principali catene muscolari coinvolte vengano messe in tensione e possano così far “emergere” il vissuto della persona.

Iniziammo con esercizi di rieducazione respiratoria e subito dopo con una manovra specifica per lo sblocco del diaframma.
Al termine della stessa seduta mi disse che sentiva il “torace più aperto”, il respiro più libero.
Così, nelle prime tre sedute, il lavoro fu concentrato sul diaframma, di volta in volta svolto più intensamente.
Alla quarta seduta il paziente mi disse che andava già molto meglio: maggior libertà nella respirazione sia da sdraiato che da in piedi, meno tensione sullo stomaco, meno acidità. Non ricordava di stare così bene da tanto tempo.

Forte del risultato, cominciammo poi a trattare anche il collo e tutte le altre parti rigide.
Arrivati alla decima seduta, il miglioramento era ormai generale: beneficio al collo, alle spalle, al dorso, ma soprattutto non avvertiva più il reflusso, i dolori allo stomaco e al torace. Aveva potuto riprendere anche un po’ di attività sportiva.
E’ doveroso dire che il Sig. Paolo, durante le sedute si è reso disponibile a collaborare in modo esemplare: ogni giorno a casa faceva un po’ di respirazioni ed un po’ di automassaggio al diaframma che gli avevo insegnato durante le sedute. Lo scopo di questo lavoro a casa, aveva l’obbiettivo di mantenere la condizione di beneficio raggiunta fronteggiando così, in modo egregio, tutto lo stress quotidiano del suo lavoro.

Prof. Daniele Raggi, Posturologo, Mézièrista, Chinesiterapista.
Docente Master in Posturologia c/o la 1a Facoltà di Medicina e Chirurgia (Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologie), Università “La Sapienza” di Roma.


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