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ANNO XXII N° 6, 20 GIUGNO 2003 – DOLORI ARTICOLARI: TONIFICARE O ALLUNGARE I MUSCOLI RESPONSABILI? – 2

diagnosi e terapia

Di fronte ad una persona sofferente di dolori articolari, chi opera nel settore della sanità e del benessere dovrebbe in primo luogo fare alcune valutazioni di carattere generale, poi esaminare la condizione muscolare e quindi procedere ad un attento esame posturale.

Conoscere la storia del paziente, o anamnesi, è molto importante perché permette di apprendere numerose informazioni specifiche (incidenti, operazioni, traumi, malattie, etc.) sulle cause delle attuali condizioni di salute. In sede di valutazione della postura, momento di fondamentale importanza in cui vengono colte in modo immediato informazioni sul vissuto del corpo e su ciò che può essergli successo, ecco che i dati dell’anamnesi guidano ad una visione precisa dei rapporti causa-effetto, che hanno prodotto i dolori articolari.

Un atteggiamento oggi ancora molto diffuso, nonostante le nuove ricerche ne dimostrino l’inadeguatezza, è la tendenza a far tonificare i muscoli di qualsiasi parte del corpo, quale sollievo/panacea per ogni tipo di patologia muscolo-articolare.

Ma cosa significa “tonificare”?

Comunemente si pensa voglia dire, in senso positivo, aumentare il volume dei muscoli, che quindi diventano più grossi, sostenuti, forti e dinamici. Scientificamente, invece, significa aumentare la tensione già esistente nel muscolo, a scapito dell’elasticità…

Diventa allora cruciale capire qual è il valore dell’elasticità.

Osserviamo un gatto: a chi non piacerebbe avere la sua dinamicità, plasticità ed elasticità muscolare? Il gatto ogni giorno si stira regolarmente, cioè mantiene una corretta abitudine innata ed istintiva: fa stretching, come diciamo noi umani! In tal modo riesce a mantenere una buona funzionalità, condizione indispensabile per rimanere elastico, dinamico, e quindi capace di procurarsi il cibo cacciando, come è avvenuto per millenni. L’inabilità fisica, infatti, costituisce per lui una seria minaccia alla sopravvivenza.

Perché l’uomo ha dimenticato di stirare i propri muscoli, come faceva da bambino ogni mattina?

Forse per educazione, forse per la mancanza di tempo, forse….

Se la natura ci insegna che l’elasticità è così importante, per quale ragione di fronte a dolori articolari, prevale la vecchia abitudine di consigliare il potenziamento dei muscoli, ancor prima di aver verificato le reali condizioni delle articolazioni e dei muscoli che le scavalcano?

Comunemente, in caso di mal di schiena si consiglia di tonificare i muscoli della zona lombare e gli addominali; niente di più sbagliato!

Spieghiamo il perché con una semplice verifica, che ognuno può facilmente sperimentare.

Mettetevi in piedi ed appoggiate un pollice sui muscoli della vostra zona lombare (parte alta della schiena) fino a farlo entrare in profondità e poi camminate. Che sensazione avete provato?

I muscoli di tale zona si sono subito contratti ad ogni passo…e se continuassimo per giorni, mesi o per tutta la vostra vita, potremmo dire che quei muscoli sono poco tonici? O non dovremmo forse riconoscere che sono troppo tesi, troppo sollecitati?

Questa zona lombare, come altre zone che spesso soffrono di dolori articolari, risulta assoggettata a muscoli troppo tesi e troppo corti che la bloccano, la limitano, la comprimono, danneggiandola e creando dolori ed infiammazioni.

Per spiegare la ragione di questa affermazione, immaginiamo di fare insieme un’analisi del portamento, cioè di quel modo personale che ciascuno di noi ha di stare in piedi, di muoversi, di respirare, di atteggiarsi, etc. Teniamo conto anche dello stile di vita, dello stress quotidiano, dei traumi subiti in passato, delle fratture, della mancanza di movimento, del troppo o scorretto movimento, dei gesti ripetitivi nel lavoro o nello sport, etc, etc.

Di fronte a ciascuno di questi stimoli, il tessuto muscolare reagisce sempre in una sola direzione: accumulando tensione, come del resto è facilmente comprensibile.

Ormai sappiamo tutti che gli accumuli di tensione, protratti nel tempo, portano gli stessi muscoli a fissarsi in posizione più corta rispetto all’ideale, e dunque a diventare corti, retratti, poiché il muscolo non ha in sé la capacità di ridistendersi da solo. E un muscolo retratto è un muscolo troppo tonico, come abbiamo prima anticipato.

Dunque, quando un muscolo diviene più corto determina inevitabilmente una compressione eccessiva a livello delle articolazioni in gioco; tale compressione, a sua volta, determinerà delle coattazioni articolari.

Pensate alle due ossa che compongono un’articolazione come ad un pezzo di parmigiano e alla grattugia; premeteli l’uno sull’altra, …ecco quello che a lungo andare avviene a livello delle vostre articolazioni: le cartilagini, sfregando con forza tra loro si consumano, fino ad arrivare all’attrito tra le ossa stesse.

Inoltre, bisogna tener presente che un muscolo corto non disturba solo l’articolazione da lui coinvolta direttamente, ma, per effetto delle catene muscolari che collegano l’intero corpo, disturberà anche altre articolazioni più distanti, alle quali causerà disturbi o dolori. Si innesca cioè una sorta di effetto “a catena”, che fa manifestare il dolore in un punto lontano da quello in cui si è sviluppata la causa.

In altre parole, se un solo anello della catena (un solo muscolo della catena muscolare) risulta più corto, l’intera catena sarà più corta, ed ecco che i problemi ed i dolori si propagheranno ovunque.

Sappiamo ormai che la maggioranza delle patologie osteo-muscolari è legata proprio al meccanismo delle tensioni e delle retrazioni muscolari, che scaricano il loro effetto devastante sulle articolazioni, causando: tendiniti, miositi, borsiti, capsuliti, cervicalgie, lombalgie, sciatalgie, periartriti, ernie discali, ernie jatali, iperlordosi, ipercifosi, rotazioni assiali di un capo articolare, alterazioni posturali, fino ad arrivare ai processi ultimi di degenerazione delle articolazioni, quale l’artrosi. Le retrazioni muscolari, quindi, provocano compressioni articolari.

Tutte le persone, nel corso della loro vita, vanno inevitabilmente incontro a questo processo. Per le ragioni sopra esposte, troviamo persino ragazzi di 10/15 anni che già soffrono di mal di schiena e dolori alle ginocchia. A qualsiasi età, quando ci si trova di fronte a tali problematiche, dopo aver affrontato indagini e consulti medici, di norma ci si rivolge in ad una palestra per fare del “sano movimento” o tonificazione.

In realtà la prima azione dovrebbe essere un esame posturale e alcuni test che ci evidenziano: il grado di rigidità delle articolazioni e quali di queste risultano particolarmente più compresse.

Dopo questo primo esame, se il soggetto mostra una postura alterata da evidenti retrazioni, è imperativo, prima di fargli fare qualsiasi genere di movimento, agire per decoaptare le articolazioni, cioè per allentare la tensione all’interno dell’articolazione. Questo per permettergli di muoversi con più facilità e scioltezza e, soprattutto, senza “usurare” ulteriormente le cartilagini che rivestono i capi articolari. In tal modo dal movimento si potrà ottenere un reale beneficio.

Esiste un tipo di allungamento muscolare specifico, che tiene conto di quanto finora esposto e che può essere fatto a “freddo”. Proprio per la sua particolarità agisce in modo globale sulle catene muscolari, creando in pochi minuti la netta sensazione e percezione di essere più sciolti e liberi nel movimento.

Se invece di questo percorso, ad una struttura corporea così retratta nei muscoli e coattata a livello articolare facessimo fare degli esercizi di potenziamento, incrementeremmo immediatamente le coattazioni articolari, perché lavorando nella direzione del raccorciamento muscolare comprimeremmo ulteriormente le articolazioni.

Alcuni esempi possono darci un’idea calzante. Paragoniamo il corpo ad un’autovettura incidentata: prima di verniciare la carrozzeria sarà necessario eliminare tutte le ammaccature. E se l’incidente era particolarmente grave, allora bisognerà prima mettere il telaio in dima (postura corretta per il corpo), poi si potrà pensare a verniciare la carrozzeria ed eventualmente a potenziare il motore, ma non il contrario. Per il corpo valgono le stesse regole: prima va messo in assetto corretto, vanno allentati i freni (ossia le tensioni) e poi alla fine si potrà potenziare la struttura muscolare.

“L’allungamento muscolare globale decompensato” è un modo completamente diverso di fare stretching. Con questo nuovo metodo si scopriranno aspetti poco conosciuti: i trucchi che il corpo usa per sfuggire alle tensioni; i meccanismi di compenso attuati inconsciamente per cui, mentre voi cercate di allungare i muscoli da una parte, il corpo va subito ad accorciarne altri da un’altra a vostra insaputa (interazione della catena muscolare).

E’ proprio a causa del funzionamento delle catene muscolari, che i problemi non possono venir eliminati agendo sull’effetto, ma bensì sulla causa!

Il metodo lavora in tale direzione, per questo ottiene risultati estremamente veloci in quasi tutte le patologie che abbiamo citato in precedenza. Vi mostreremo di seguito alcuni esercizi pratici, che non permettono al corpo di ”sfuggire” dalla posizione corretta; il corpo si trova così costretto ad accettare delicate tensioni di allungamento, senza sforzo e senza fatica per la persona.

La posizione dei due piani è regolabile e sfrutta la gravità. Durante gli esercizi, la schiena e il sacro rimarranno perfettamente aderenti a tali piani di appoggio, determinando così un perfetto allungamento di tutti i muscoli della colonna.

Questo esercizio è ottimo per i problemi della zona lombosacrale. E’ sufficiente mantenere la posizione e respirare con la bocca; dopo un po’ le tensioni si faranno sentire.

Questo esercizio è utile per allungare i muscoli delle braccia ma agisce sul gran dorsale. Praticato di frequente è ottimo nel trattamento delle ernie discali.

Questo esercizio mostra come si possa agire, attraverso i piedi, sulle pubalgie e sull’artrosi all’anca. I risultati di questo trattamento sono assicurati.

Quanto sopra esposto non è frutto di teorie speculative o di supposizioni, ma del lavoro pratico “sul campo”, giorno dopo giorno. Proprio dalla concretezza dei risultati è stato possibile verificare l’efficacia di questo nuovo approccio di lavoro.

Prof. Daniele Raggi, Posturologo, Mézièrista, Chinesiterapista.

Docente Master in Posturologia c/o la 1a Facoltà di Medicina e Chirurgia (Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologie), Università “La Sapienza” di Roma.

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